Diario di viaggio in Florida
La Florida è un viaggio semplice da organizzare e con tante cose interessanti da fare e posti meravigliosi da vedere. Il motivo principale che mi ha fatto scegliere questa meta è stato, infatti, la possibilità di coniugare il mare alle mille attività che si possono fare, prima tra tutte quella di incontrare gli alligatori e di interagire con loro in totale sicurezza. Ma l’animale che ha catturato il cuore di mia figlia è stato il delfino Pax!
Inizia così la nostra avventura di 2 settimane in Florida a luglio 2018
1. Miami
Arriviamo puntuali a Miami nel primo pomeriggio, ritiriamo l’auto ma non essendo abbastanza comoda per i miei gusti, ritorniamo al desk per l’upgrade e ci danno una FORD Explorer praticamente nuova. E’ un jeppone super comodo: Marianna ha un sacco di spazio per le sue cose e noi non dobbiamo giocare a Tetris quando carichiamo le valigie nel baule. C’è fila, ci mettiamo un sacco di tempo e usciamo che è quasi buio. Avevo scaricato a casa le mappe off-line così arriviamo a destinazione senza problemi…a parte il traffico! In hotel, l’aria condizionata è così forte che sembra di stare al polo nord! Intanto che io sistemo i bagagli, Daniele va a parcheggiare al Miami Beach Municipal Parking Garage che si trova un paio di blocchi più in giù, sempre sulla Collins all’incrocio con la 13a. Questo garage è veramente molto comodo, è vicino all’hotel, abbiamo sempre trovato posto e, considerando dove siamo, non è neppure troppo costoso. Siamo troppo stanchi per uscire, rimandiamo a domani
President Hotel della catena Penguin Hotels – Miami
Hotel pulito e abbastanza silenzioso per la movida di Miami. Ottima la colazione che si può consumare anche nel piccolo giardinetto privato. Unica pecca l’aria condizionata a manetta, ma pare che qui sia ovunque così.
2. Miami e i suoi quartieri simbolo
A causa del jet-lag siamo tutti svegli molto, troppo, presto e così decidiamo di uscire per la colazione (nell’hotel si può fare dalle 7.30, noi invece alle 6.30 siamo già in strada). E facciamo subito conoscenza con il terribile caldo afoso della Florida!!!! Prima di partire pensavo “che sarà mai?!, si, ci sarà caldo, ma dopotutto siamo al mare e la brezza aiuterà sicuramente!”. Mai e poi mai avrei pensato di trovare questo clima: un caldo così torrido che dopo soli due passi devi già cambiarti la maglietta! Questo mi fa pensare che al primo market dovrò comprare, oltre all’acqua, anche del Gatorade o qualcosa del genere.
Per le strade non c’è nessuno, solo qualche latinoamericano che va al lavoro, un silenzio incredibile per questa città. Si sentono solo gli uccellini sugli alberi, che poi a guardarli bene sono pappagallini verdi carinissimi (siamo appena arrivati e già possiamo spuntare nella nostra check-list un animale nuovo).
La nostra meta è Starbucks che è all’inizio di Lummus Park. Quindi ci dirigiamo verso nord e facciamo già i nostri primi incontri con l’Art Decò: vediamo l’edificio verde menta di Señor Frog’s e il gigantesco uovo di “The Betsy Orb”.
Visto che è presto e non c’è ancora nessuno in giro, decidiamo di fare una passeggiata in Ocean Drive. Questo è l’orario migliore per fotografare i palazzi Art Decò illuminati dal sole che sorge, bellissimi!
La caratteristica principale di questo stile architettonico è l’utilizzo di forme geometriche molto spinte ed enfatizzate da colori sgargianti, dai toni pastello degli intonaci a quelli psichedelici delle luci al neon.
Vediamo, solo per citare i più famosi il Leslie, il Beacon Hotel, The Cavalier e il Cardozo Hotel ora di proprietà di Gloria Estefan. Passiamo anche davanti alla villa di Versace (Villa Casuarina) che ora è stata convertita in un hotel e ristorante di lusso.
Mentre rientriamo ci fermiamo al mini market per comprare un po’ di provviste e il necessario per la spiaggia (due stuoie e un ombrellone, niente secchielli, non li vendono, mannaggia!). L’idea originale era di trovare un Walmart, o similare, per acquistare anche il cooler e il seggiolino auto ma alla fine abbiamo fatto con la nostra borsa frigo della coop ed il rialzo portati da casa.
Rientriamo in hotel, colazione bis che per noi è una specie di pranzo, e poi si parte. Oggi vedremo i quartieri di Wynwood, Little Havana e il Miami Design District.
Wynwood, è famoso per i suoi bellissimi murales. Sono davvero tantissimi, uno più bello dell’altro, e sono praticamente tutti concentrati nelle vie intorno al Winwood Walls. Marianna accusa la levataccia ed il caldo così decidiamo di fare un giro con la macchina e di scendere per fotografare quelli più belli. Poi parcheggiamo in un parcheggio a pagamento sotto l’unica pianta che c’è (ora c’è anche un garage a 200 mt) e raggiungiamo a piedi il Winwood Walls…per fortuna che ci siamo portati gli ombrellini! Sembriamo giapponesi ma chissene!!! Se prima durante il nostro gironzolare non abbiamo incontrato letteralmente nessuno, qui c’è una ressa incredibile. Ci facciamo un giro poi, per rendere più sopportabile il grande caldo, facciamo merenda con un mega gelato.
Ci spostiamo al Miami Design District, quartiere famoso per la sua architettura d’avanguardia e i negozi di lusso. Parcheggiamo sulla 39th lungo la strada (per fortuna abbiamo un po’ di monetine per il parcometro!) e ci dirigiamo a piedi al centro commerciale. Vediamo i negozi delle grandi firme italiane, dove i prezzi hanno troppi zeri, e fotografiamo la famosa palla di vetro, icona del quartiere. Facciamo un giro su e giù per il centro commerciale, tutto all’aperto, e proviamo le dondole (anche queste di design) e, ovviamente, le scale mobili. Abbiamo fame e qui è tutto troppo snob (e costoso), così decidiamo di spostarci verso la prossima meta della giornata.
Little Havana è famosa per i vecchietti cubani che giocano a domino al Maximo Gomez Park (soprannominato appunto Domino Park). Mi aspettavo di sentire di più lo spirito cubano ma, a parte qualche negozio di sigari, mi è sembrato come tutti glia altri quartieri latino-americani di una grande città.
Ceniamo ottimamente con comida cubana a El Pub Restaurant sulla 8th all’incrocio con la 16th, (proprio di fronte al Visitor Center) e ci divertiamo a fotografarci con i grandi galli in cartapesta, simbolo di prosperità. Facciamo anche una passeggiata in “Calle 8” dove curiosiamo nei negozi di artigianato e sigari.
Torniamo a SoBe (come qui chiamano South Beach) per una doccia rinfrescante e di nuovo fuori per la passeggiata in Ocean Drive al tramonto. Vogliamo vedere i palazzi illuminati dalle colorate luci al neon, icone della Miami’s night. Questa volta mettiamo con il passeggino e la Mary crolla subito.
3. Miami e Key Biscayne
Anche stamattina ci alziamo presto, solita colazione da Starbucks, poi concediamo alla Mary mezzora di gioco al Lummus Park, dove ci sono i giochi per i bambini, e noi ne approfittiamo per chiamare casa (qui c’è il wifi).
Passeggiamo lungo la spiaggia per fotografare le torrette colorate di baywatch (“Ocean Resque”) ma molte sono occupate per dei servizi fotografici…così anche noi ci facciamo il nostro! Sulla spiaggia ci sono varie aree contrassegnate con il nastro arancione ed il cartello “Sea Turtle nest”…che meraviglia! Passeggiando troviamo anche molti giochi tra secchielli e stampini. Ma come sono sbadati i bimbi americani!!!
Ci fermiamo anche a guardare i bellocci che fanno ginnastica alla Muscle Beach: sono le 8, ci sono già 30° di pura afa e io grondo sudore da quando siamo usciti dall’hotel…ma come fanno questi a far flessioni in queste condizioni!?!?!? La Mary ovviamente si aggrega al gruppetto di matti con grande gioia ma loro la considerano solo un disturbo e la guardano male!
Volevamo arrivare fino a South Point per vedere il passaggio delle navi da crociera ma il tempo vola e decidiamo di rientrare in hotel. Solita colazione bis nel piccolo giardinetto dell’hotel, poi carichiamo le valige in auto e partiamo. Oggi il programma prevede di andare a Key Biscayne.
Arriviamo sulla punta del Bill Baggs Cape Florida SP verso mezzogiorno, c’è un caldo terribile e decidiamo di aspettare che passi un po’ all’ombra delle piante vicino al parcheggio. Per la verità in spiaggia si stava bene perché è piacevolmente ventilata, ma noi non lo sapevamo…e poi questa sosta ci ha permesso di vedere molti animali. Qui, infatti, vediamo tanti ibis, qualche iguana, scoiattoli e anche un paio di procioni! Queste simpatiche bestiole sono molto poco amate dal popolo americano perché possono trasmettere orribili malattie esattamente come i topi, ma per chi come me è cresciuta con CandyCandy non può che adorarli!
La spiaggia non è male anche se ci sono le alghe. L’acqua è un po’ torbida, di colore verde e soprattutto bollente…sembra di fare il bagno nel minestrone, veramente una brutta sensazione. Poi scopriremo che, un po’ per la stagione, un po’ perché è una loro caratteristica, ma le spiagge qui sono tutte così: con alghe (e poiché anche questa è la natura gli americani non le raccolgono) e mare torbido (sarà anche ricco di nutrienti ma con l’acqua a 1 mt e non vedersi i piedi… non è proprio quello che ti aspetti da un mare tropicale). Sarà…ma a me non piace poi tanto!!!
In questo parco c’è un bel faro e, anche se c’è la possibilità di salirci, preferiamo risciacquarci il sale (ci sono le docce pubbliche) e mangiare qualcosa al ristorantino che ha una bella terrazza con vista sulla spiaggia (Lighthouse Cafè).
Qualche foto con le iguane e ripartiamo. Poichè sono le 18 (rush hours!! grrrr) saltiamo la visita di Coral Gables e del monumentale Baltimore Hotel, e puntiamo diretti a Florida City.
Best Western Gateway to the Keys – Florida City
Classico motel in stile BW, sempre una garanzia! In posizione strategica sia per le Keys sia per la porta sud delle Everglades
4. Everglades (ingresso sud)
Oggi abbiamo in programma una giornata tosta!
Entriamo presto alle Everglades NP…contrariamente a quanto pensavamo non c’è una zanzara (!) ma in compenso c’è un caldo che non si regge!!!! Prossimo anno Alaska!
L’acqua di questa enorme palude proviene dalle esondazioni del Lake Okeechobee che durante la stagione delle piogge si ingrossa, ed essendo poco profondo, fuoriesce. Poiché il bacino è praticamente pianeggiante, l’acqua tende a defluire in mare molto lentamente.
Facciamo a piedi l’Anhinga Trail (1,2 km loop – scarica la mappa) che è il pezzo forte di quest’area del Parco ma vediamo 1 solo alligatore e nient’altro. Un ranger, appollaiato sul tetto del capanno di osservazione ci saluta “Hi guy, it’s my office today!” (che simpa!) e ci dice che oggi c’è troppo caldo e gli animali sono tutti al riparo: le lontre di fiume, così come gli anhinga (una specie di cormorano) sono all’ombra tra le piante mentre i gators sono sul fondo dello stagno e, nonostante sia profondo al max 1 metro, non si vedono assolutamente perché sono dello stesso colore del fango.
Gli unici animali che riusciamo a vedere bene sono le tante cavallette! Per la gioia di mia figlia che per gli insetti ha un debole (e che spero le passi presto!).
Lungo il sentiero vediamo la pianta “strangoladora” (Strangler Fig) un tipo di ficus rampicante che cresce parassita sul tronco di un’altra pianta stringendolo fino a soffocarlo.
Facciamo anche il Gumbo Limbo Trail (600 mt round trip) che, essendo quasi tutto all’ombra, ci dà un po’ di sollievo e ci permette di soffermarci a cercare le famose chiocciole colorate (Liguus Snails) che si trovano sulle piante di questa zona, ma non è stagione. In compenso vediamo una simpatica lucertolina camaleonte (Green Anole), soprannominata così perchè ha la capacità di cambiare il colore della pelle da verde a marrone per mimetizzarsi tra la vegetazione. Inoltre possiede un sacco giugulare arancione che gonfia quando è spaventata. Ovviamente con noi lo ha gonfiato (ahahah). Vediamo poi varie piante di Gumbo Limbo, facilmente individuabili per la loro corteccia rossastra.
Se ti interessa sapere di più sul particolare ecosistema delle Everglades leggi il nostro articolo Everglades per bambini: la nostra mini-guida
Se ti incuriosisce sapere di più sugli animali delle Everglades leggi Gli animali della Florida: la nostra mini-guida per bambini
Facciamo giusto in tempo a tornare alla macchina che inizia a piovere, cosa assai frequente alle Everglades
Usciamo e andiamo a visitare una Gator Farm appena fuori dal parco (Everglades Alligator Farm, 40351 SW 192nd Ave, Florida City, FL 33034).
Piove ancora. Intanto che aspettiamo che smetta mangiamo un hamburger insieme a una scolaresca. Qui è esposta la pelle di “Grandpa”, il nonno di tutti gli alligatori della farm ed un super bestione di oltre 4 metri.
Inoltre si possono vedere da vicino vari animali tipici della palude, ma ciò che attira di più la curiosità della Mary sono le vasche dove vengono allevati i cuccioli di alligatore, suddivisi per età.
Finalmente arriva il momento del “gator show” (spettacoli tutti i giorni alle 11.00 e alle 14.00). E’ un’attrazione decisamente commerciale, ma alla Mary è piaciuta molto…non è cosa comune vedere una ragazza che apre la bocca di un alligatore con le mani! Inoltre durante lo show vengono fornite varie info sulle caratteristiche di questo animale preistorico. Ma il bello arriva adesso… ai bambini presenti è stato permesso di prendere in mano un baby-gator. Che esperienza fantastica! Hanno la pelle dura e la pancia molliccia, ma soprattutto una forza incredibile nella coda nonostante la tenera età. Noi ne abbiamo presi in braccio due, il più grande arrivava a 60 cm! Però!!!
Rifocillati e carichi di adrenalina partiamo in direzione delle Keys percorrendo la Overseas Hwy. Sappiamo che per arrivare a Key West abbiamo tanta strada da fare ma piove a dirotto, così forte che siamo costretti a fermarci. Questo imprevisto ci fa saltare la sosta al Bahia Honda SP, la spiaggia da cui di godono gli scorci più belli della famosa ferrovia, il primo collegamento delle Keys alla terra ferma, inaugurata nel 1912 poi distrutta da un uragano e definitivamente chiusa nel 1972.
Arriviamo a Big Pine e No Name Key dove, a dispetto del funesto pronostico (quando piove gli animali stanno al riparo, come noi) riusciamo a vedere i rari cervi nani delle Keys (Key Deer). Sono lì, lungo la strada che porta al Blue Hole, una cava allagata nei boschi dove vengono ad abbeverarsi. Riusciamo a vederne due, un maschio con un bel palco di corna ed una femmina. La Mary apre il finestrino per accarezzarla e questa, al contrario di quello che tutti penserebbero, si avvicina curiosa, le annusa la mano, la lecca e se ne va. Che giornata!!
Ci fermiamo a mangiare ad una chicken house frequentata dai pescatori locali “The Bucktooth Rooster” molto american style! Qui una famiglia prima di mangiare ha recitato la preghiera (si però poi girano armati…). Arriviamo a Key West che è già buio inoltrato e andiamo tutti a dormire.
Courtney’s Place Historic Cottages & Inns – Key West
E’ un bellissimo boutique hotel ricavato in una casa vittoriana ristrutturata. La stanza è molto confortevole e abbiamo anche un piccolo patio privato. Inoltre c’è il parcheggio. Consigliatissimo!!
5. Key West
La mattinata la dedichiamo al giro della città a piedi (è piccola). Le cose che vorremmo vedere sono:
- il Key West Lighthouse, il vecchio faro del 1848 sul quale saliamo. Si gode una bella vista a 360° della piccola isola e abbiamo visto una gigantesca nave da crociera attraccata nel minuscolo porticciolo, che contrasto! Visitiamo anche il modesto museo annesso e ci attardiamo a fare le foto alla Mary che si arrampica su un secolare albero di Ficus Benjamina e si diverte a rincorrere una famiglia di galline!
- la casa di Hemingway in stile coloniale-spagnolo con i suoi famosi gatti a 6 dita, ma decidiamo di tenerla come jolly in caso di pioggia.
- il Southernmost Point, il punto più a sud degli Stati Uniti (dista appena 90 miglia da Cuba), ma siccome c’è una gran fila e tutta sotto il sole, facciamo solo qualche foto al volo tra un turista e l’altro.
- la casa più a sud degli Stati Uniti,
- una sosta frullato in Duval Street (ci voleva proprio, fresco e buonissimo).
- il “Mile 0” della US1, l’autostrada che corre lungo tutta la costa est fino a Fort Kent, nel Maine, al confine con il Canada. Lungo la strada inizia a piovere così ci fermiamo per un boccone in un grazioso ristorante stile aviatore con musica dal vivo (First Flight Island Restaurant and Brewery) dove la Mary si guadagna il plettro del cantante come sua migliore fan!
Siccome smette di povere e torna pure il sole, andiamo a prendere il costume e ci dirigiamo al Fort Zachary SP per un po’ di relax ma io vengo colta da un colpo di calore. Ci metto un po’ a riprendermi, la testa mi gira parecchio. Per fortuna la zona del Forte è ombreggiata e ci sono panchine e fontanelle di acqua dove potersi rinfrescare. Alla fine riusciamo comunque ad andare in spiaggia e anche qui l’acqua è caldissima e verdissima…che delusione! Così decidiamo di non affittare lo sdraio e che ci basta una bagnata veloce. Facciamo anche un giro al Forte, che non è nulla di ché, e vediamo tante iguane belle verdi e cicciotte.
Andiamo a Mallory Square per vedere il famoso tramonto descritto da tutti come il più bello al mondo. Peccato però che nessuno dica che davanti al molo c’è un’isoletta (e quindi, a seconda di dove ti trovi, non tramonta in mare), che il molo ha una recinzione alta che ti sembra di essere in carcere, e che c’è un mare di gente e non si riesce a fare una foto decente!
Delusa ancora e con la Mary addormentata sul passeggino decidiamo di rientrare in hotel. Lungo la strada mi consolo con una fetta di Key Lime Pie…una tale botta di zuccheri che la glicemia mi è salita a duemila con un sol boccone!
Mi ero appuntata due cose che avrei tenuto come jolly in caso di pioggia, ma che poi non abbiamo fatto:
– Higgs Beach playgrounds (aperto tutti i giorni, orario 6:00 – 23:00)
– Mel Fisher Maritime Heritage Society, con vecchi tesori di galeoni spagnoli.
6. Da Key West a Shark Valley
Partiamo presto per l’appuntamento tanto atteso dalla Mary. Lungo la strada riusciamo pure a fotografare due famosi simboli delle Keys: il vecchio ponte ferroviario distrutto ed il 7 mile bridge, che però non rende bene come nelle foto fatte dall’alto.
Arriviamo puntuali a Grassy Key dove ci aspetta il Dolphin Research Center. In questo centro di ricerca senza scopo di lucro, sono ospitati vari delfini e leoni marini in grandi aree marine protette da reti. La maggior parte di loro provengono da altre strutture (erano diventati troppo vecchi per esibirsi nei delfinari) gli altri sono stati soccorsi in mare e qui curati. Purtroppo a seguito dell’uragano Irma sono morti 6 esemplari ed il centro ha riportato vari danni ancora ben visibili. Si possono fare varie attività di interazione con i delfini, dal nuoto attaccati alla loro pinna dorsale, al Dolphin painting dove il delfino, stringendo un pennello con la bocca, disegna cerchi sui comandi del bambino. Noi abbiamo scelto di fare il Family Dolphin Splash.
Prima la conduttrice ci ha fatto un briefing sulle caratteristiche dell’animale, su cosa avrebbe fatto in acqua e sul comportamento che dovevamo tenere. Eravamo in tutto 5 adulti e altrettanti bambini (per sicurezza i bambini devono entrare accompagnati). Io e Marianna ci siamo immerse fino alla vita ed il delfino ha saltato e giocato davanti a noi seguendo le indicazioni della sua istruttrice. Lo abbiamo potuto accarezzare, lanciargli la palla, e alla fine abbiamo fatto la foto con lui. Lo spettacolo è durato in tutto un’ora abbondante. Marianna non stava nella pelle dalla gioia e non vede l’ora di raccontare a tutti questa straordinaria (e costosa) esperienza!
Al termine ci fermiamo un po’ nell’area giochi del centro, con giochi d’acqua e comodi tavolini all’ombra. Tra i fiori del centro vediamo un bellissimo geco verde smeraldo ed un innocuo serpentello nero (Black Rat Snake) che ci spiegano essere un “serpente dei ratti”, un costrittore non velenoso che si ciba principalmente di topini, rane e lucertole.
Mi ero annotata il numero di telefono del centro perché, visto il meteo instabile del periodo, potevamo contattarli per eventualmente rischedulare l’attività in altra data o chiederne il rimborso. Per fortuna il tempo ha retto!!
Abbiamo fame così decidiamo di saltare la visita all’ospedale delle tartarughe e di andare direttamente verso il primo ristorante. Riprendiamo la Hwy ma chiacchierando ci dimentichiamo di uscire a Duck Key per vedere le curiose cassette delle lettere fatte con le forme degli animali…per fortuna però se ne vedono molte anche lungo la hwy!
Arriviamo al Robbie’s Marina di Islamorada dove pranziamo. Mi spiace parlarne male ma la nostra esperienza è stata decisamente negativa. Abbiamo aspettato tanto prima di sederci, abbiamo mangiato male e con un gigantesco ventilatore dietro la schiena che nebulizzava acqua gelida. Ma dico io, si mette una bambina piccola a mangiare in un posto così?? Appena abbiamo visto liberarsi un altro tavolo abbiamo preso il nostro piatto e ci siamo spostati. E quando il cameriere è venuto a caziarci abbiamo fatto gli italiani… ”sorry io no parlare english”…e che cavolo!
Per farci passare la rabbia compriamo al chiosco un bel gelatone, che però mangiamo sciolto dal caldo. Vabbè oggi va così. Sempre allo stesso chiosco compriamo 5$ di pesce e andiamo al molo a dare da mangiare ai Tarponi, pesci enormi lunghi 1 metro. Sul molo ci sono vari pellicani pronti ad approfittare di un pasto facile. Sono grossi e potenzialmente pericolosi, soprattutto per i bambini.
Ripartiamo, ci aspetta ancora un bel po’ di strada. Lungo il tragitto ci fermiamo da Robert is Here (orario 8-19 sempre) per assaggiare uno dei suoi famosi frullati e per comprare la frutta per i prossimi giorni. Ci accomodiamo sui tavolini sul retro del negozio dove ci sono anche un po’ di animali da fattoria e un paio di vecchi aerei su cui la Mary si diverte a salire. Ricomincia a piovere e noi ci rimettiamo in marcia.
Arriviamo al Miccosukee Resort e mentre la Mary se la passa nella bella sala giochi che ha anche un grande castello pieno di palline, io ne approfitto per lavarmi i capelli con calma. Cena al self-service dell’hotel.
Miccosukee Resort
L’hotel è in territorio e a gestione degli indiani Seminole. Non essendo suolo Americano qui valgono regole diverse ed il gioco d’azzardo, così come il fumo, sono consentiti ovunque. Nella hall dell’albergo ci sono un mare di slot-machines e gente grassa che fuma come ciminiere. C’è un puzzo incredibile di posacenere! Ma nonostante questo handicap, l’hotel offre parecchi vantaggi: camere pulite e confortevoli, un ristorante alla carta costoso e uno a self service vario, buono e aperto fino a tardi. Inoltre c’è un gigantesco playground indoor ed è l’alloggio in assoluto più vicino all’ingresso est del parco.
7. Everglades (ingresso nord)
Oggi partiamo presto e dedichiamo la giornata alle Everglades e al Big Cypress NP percorrendo la Tamiami Trail (US 41). Lungo la strada vediamo grossi cantieri per la manutenzione e la bonifica dei canali artificiali e varie auto della polizia indiana. Arriviamo a Shark Valley e siamo gli unici turisti (scarica la mappa).
Facciamo una passeggiata lungo la strada in caccia di qualche alligatore che si scalda al sole ma non ne vediamo nemmeno uno, solo pesci…sigh! In compenso raccogliamo due gusci giganteschi di lumaca terrestre (Apple Snail Shell). Nonostante sia prestissimo fa già un caldo non indifferente! Così giriamo i tacchi e torniamo indietro.
Avremmo fatto volentieri il Bobcat Boardwalk Trail (800 mt one-way) perché breve e all’ombra della boscaglia, ma era chiuso per ristrutturazione. Niente lince oggi. Peccato perché ho letto che non è poi così difficile avvistarle perché nel parco ce ne sono varie.
Poiché il caldo è opprimente decidiamo di non fare altre escursioni qui, né in bicicletta (15 miglia A/R, ma siamo matti????) né con il bus (il “tram tour” ci avrebbe riparato dal sole ma sarebbero state 2 ore di monotonia dato che con questo caldo gli animali stanno nascosti).
Ci attardiamo un po’ al Visitor Center e, mentre la Mary fa merenda con 2 gelati, noi leggiamo i pannelli illustrativi sulla fauna e l’ecosistema locale, molto chiari ed interessanti.
Riprendiamo la strada e andiamo al Tippy’s Outpost per fare il giro in airboat.
Ci sono molti posti che organizzano queste escursioni: a casa avevo consultato i loro siti e questo mi era sembrato il più carino e ben fatto. Mai mi sarei aspettata un posto così fuori dal mondo, non ci sono parole per descriverlo! Aspettiamo un bel po’ prima di fare il nostro giro: il ragazzo prima doveva aspettare la mamma che gli desse il cambio al “negozio”, poi doveva pranzare, poi doveva andare a prendere la tanica di benzina! Per fortuna però c’è un bellissimo capanno aperto e rialzato, proprio sul fiume, dove ci siamo riposati e divertiti a fantasticare sulle avventure che questo strano posto potrebbe raccontare! E poi il panorama è spettacolare! Qui siamo nelle praterie di Sawgrass, la cosiddetta “erba Sega” perché le sue foglie strette e lunghe sono dentellate e taglienti come seghe.
Alla fine partiamo. Per ripararci dal rumore ci dà qualche bubbles (palline di ovatta) ma io avevo portato i tappi da casa. Siamo solo noi 3. Il giro dura 40 min, peccato che la Mary lo abbia un po’ dormito. Volare su questo mare di erba è veramente emozionante. Non ci ha portato a vedere niente di particolare (alcuni tour portano a vedere vecchi villaggi indiani abbandonati), non abbiamo avvistato nessun animale, ma mi sono divertita come una bimba sull’ottovolante.
Ritorniamo che è un po’ tardi rispetto alla nostra tabella di marcia, così saltiamo la visita al Miccosukee Indian Village (abbiamo già dato con l’Outpost!) e andiamo a Big Cypress NP per la US41 anziché per la Loop Road Scenic Drive, la sterrata di 24 miglia che dicono essere interessante per l’avifauna.
Arriviamo all’ingresso del Oasis Visitor Center e vediamo un paio di persone ferme lungo la strada, intente a guardare il canale, così decidiamo di fermarci pure noi. Fantastico!!!! In 10 metri riusciamo a vedere benissimo ben 7 alligatori di cui uno molto giovane perché raggiungere il metro a fatica. Era anche il più curioso e si è avvicinato tantissimo alla sponda del canale. Ecco, era così che mi aspettavo le Everglades! Adesso mi sento soddisfatta!
Ripartiamo perché in programma c’è un’altra sosta interessante: il Kirby Storter Trail. Si tratta di una bellissima passeggiata (1 miglio A/R) su una comoda passerella di legno, che si addentra nelle paludi di cipressi, un ecosistema completamente diverso da quelli visti finora. In questi territori venivano i nativi a caccia con le canoe. Questa passeggiata ci riserva ancora emozioni: nella prima piattaforma di osservazione vediamo un super gamberetto gigante e un baby-gator come quello che avevamo tenuto in mano alla gator-farm, ma stavolta nel suo habitat naturale. L’acqua bassa ha creato una zona tranquilla e sicura come una nursery! La passeggiata prosegue attraverso la foresta di cipressi e ad accoglierci c’è un grande cartello che ci avvisa che qui vive la Pantera della Florida e ne illustra caratteristiche sottolineando le difficoltà per la conservazione della specie. Nell’ultima piattaforma, mentre ammiriamo la flora lussureggiante del fiume New River, proprio sotto i nostri piedi affiora per respirare un grande alligatore. Ecco, ci manca solo di vedere la pantera poi abbiamo fatto tombola! Questa zona è popolata anche da ragni e serpenti come il terribile “Mocassino Acquatico” ed il possente “Pitone Birmano”. Per fortuna non ne vediamo neanche uno!
L’ultima sosta in programma è a Big Cypress Bend: un’altra bella e breve passeggiata tra le paludi dove, tra gli alberi, crescono le bellissime e rarissime “Orchidee Fantasma” (quelle del film “Il ladro di orchidee”) e l’estate è proprio il periodo della fioritura. Ci terrei tanto che la Mary le vedesse! Qui, inoltre, è possibile vedere le mitiche chiocciole.
Poco prima di arrivarci, però, inizia a diluviare fortissimo. La preoccupazione è tanta perché pare che cadano più fulmini qui che in tutto il resto degli USA. Ci sentiamo comunque soddisfatti di questa scorpacciata di natura e puntiamo dritti e veloci verso Naples.
Vorremmo vedere il tramonto al molo sperando di scorgere anche il passaggio dei delfini ma siamo troppo stanchi e andiamo diretti a mangiare qualcosa sulla 5th. Qui tutto parla italiano: ristoranti, negozi, auto… e costa tutto una vera follia! Facciamo la passeggiata digestiva lungo questa bella via pedonale con le palme illuminate, ci prendiamo un mini gelato per la modica cifra di 5 dollari e a nanna.
Old Naples Trianon
Un po’ costoso ma molto bello e con stanze principesche “old style”! Il centro si raggiunge comodamente a piedi.
8. Naples
L’idea iniziale era di dedicare la giornata alla ricerca di conchiglie e sand-dollars a Sanibel (sperando di non trovare l’alta marea e la spiaggia sommersa). Prima di partire ascoltiamo il meteo in tv che ci dà una notizia allarmante: molte spiagge di Fort Myers sono state chiuse perché l’eccessivo proliferare delle alghe ha creato una moria di pesci rendendo pericolosa la spiaggia e la balneazione.
Così siamo rimasti a Naples e, col senno di poi, abbiamo fatto proprio bene perché è una delle spiagge più belle di tutta la vacanza.
A queste latitudini il sole è parecchio forte e stiamo tutti in spiaggia con la maglietta anti-UV. Le ragazze americane indossano addirittura il costume con le maniche lunghe (e il “lato B” scoperto…mah?!?!). L’acqua ha un colore verde-azzurro molto più invitante di quella delle Keys e digrada dolcemente. Sul bagnasciuga abbiamo anche raccolto parecchie conchiglie, niente di ché ma sicuramente un bel ricordo da portare a casa.
Facciamo due passi sul molo fino in fondo (o quasi dato che è in ristrutturazione dopo i danni dell’uragano Irma) e al baretto compriamo l’acqua. Ci danno l’acqua smeraldina (ma con tutta l’acqua che c’è qui bisogna proprio andare a prenderla in Sardegna dove ce n’è pure poca?!?! Però fa vip 😉).
Nel tardo pomeriggio riprendiamo l’auto che avevamo parcheggiato lungo la via (i parcometri accettano la carta di credito e se scarichi la APP ti avvisano prima che scada! Ingegnosi!) e ci spostiamo verso Venice Beach. Ci sistemiamo in hotel e andiamo a cena in centro. La cittadina è deserta e tutti i negozi sono chiusi. Troviamo un locale dove ci sono mille tv tutte accese sui canali di sport, con qualche tavolino all’aperto e dopo un po’ inizia la musica dal vivo country e rock, bravissimi. E la Mary mangia le polpette di alligatore! Wow!
Ramada Venice Hotel by Wyndham
Classico motel della catena, fatto con lo stampo ma pulito e silenzioso nonostante sia sulla strada principale.
9. Caspersen Beach e i denti di squalo fossili
Prima cosa da fare stamattina è comprare alla Mary un costume con i pantaloncini, come quello dei maschietti, perché sennò si brucia il sederotto mentre fa snorkeling.
Oggi infatti andiamo a Caspersen Beach in caccia di denti di squalo fossili! Vediamo varie persone che setacciano il bagnasciuga con setacci professionali (noleggiati). Noi non siamo così ben attrezzati ma qualcosa riusciamo a trovare pure noi, solamente con le mani. E la Mary si diverte come una matta a setacciare la sabbia e a fare snorkeling tra le rocce.
Facciamo conoscenza con una famiglia americana in vacanza e scopriamo che loro figlio conosce Modena e San Geminiano. Nooo, non ci credo! Era appena tornato dal viaggio di nozze in Italia. Gli siamo simpatici e così ci regalano alcuni denti veramente belli che il papà aveva trovato facendo snorkeling nell’acqua alta.
Si sta così bene su questa spiaggia che andarcene ci dispiace, così decidiamo di non correre e saltare la visita della spiaggia di Siesta Key, definita come una lingua di sabbia candida tipo Maldive, che sarà di certo bella ma anche più affollata di questa.
Quando decidiamo che ne abbiamo abbastanza, raccogliamo le nostre cose (questa fase di solito ci richiede sempre un po’ di tempo…non so perché ma sembra che traslochiamo tutte le volte!), una passeggiata sul molo, un gelatino, la foto ricordo e via.
Ripartiamo verso metà pomeriggio perché vogliamo arrivare a Clearwater prima del tramonto. Abbandoniamo la I75 per la I275 perché vogliamo attraversare la Baia di Tampa sul famoso ponte, che però non rende per niente, e finalmente arriviamo.
Ceniamo (male) in un baretto sulla via principale e poi la solita passeggiata digestiva. In giro c’è tanta gente di ogni tipo, questo è luogo di villeggiatura per famiglie e ragazzi, esattamente come la nostra Riviera Romagnola. Fino ad ora non mi è piaciuta, vediamo domani con la luce del giorno.
Sta’n Pla Motel – Clearwater
Avevo molte aspettative sul nostro hotel, ma si è rivelato una delusione: stanza minuscola, vista fiume che poi in quel punto era secco. Molto meglio l’altro motel della stessa proprietà e con lo stesso nome, esattamente dall’altra parte della strada.
10. Clearwater
Dedichiamo la giornata alla spiaggia. Siccome è un luogo potenzialmente ventoso (non oggi) al posto dei classici ombrelloni ci sono delle pittoresche cupole blu di tela che ci regalano belle foto. Anche l’acqua non è male, è abbastanza limpida e digrada molto molto lentamente, forse per questo è così affollata di famiglie. Mangiamo in spiaggia un’ottima pizza da asporto e poi facciamo un giro al Pier 60 perché ci sono i giochi per i bambini.
A metà pomeriggio partiamo, ci aspettano tante miglia prima di arrivare a Crystal River.
Strada facendo il paesaggio cambia radicalmente: la vegetazione diventa più alta e fitta, con un tasso di umidità che la rende simile ad una foresta tropicale. Lungo la strada vediamo i cartelli “attenzione agli orsi”!! da non credere! Ceniamo ottimamente al Cracker’s Bar&Grill vista laguna (ma col buio è tutto nero) e dritti a nanna.
Quality Inn Motel
E’ situato appena fuori il centro abitato, è circondato da una vegetazione alta e lussureggiante…mi aspetto che sbuchi l’orso da un momento all’altro! Camera abbastanza pulita e molto tranquilla.
In alternativa:
Pantation Resort
Quando tornerò a Crysralriver soggiornerò qui! costicchia un po’ (però a volte si trovano offerte interessanti) ma ha un bellissimo parco dove far correre i bambini, unagrande piscina e camere lussiose in stile “vecchia dimora coloniale”. Assolutamente consigliato!
11. Crystal River
Ore 6.00 ci attendono i lamantini!
Colazione leggera in stanza. Ritrovo alle 6.00 al diving (Bird’s Underwater), ci mettiamo la muta, facciamo il briefing e partiamo con la barca carichi di adrenalina. E’ vero che non è stagione ma giriamo 2 ore senza vedere niente. Poi finalmente eccolo, giusto il tempo di svegliare la Mary che nel frattempo è crollata dal sonno e quello se n’è già andato (e noi abbiamo speso una barca di soldi per non vedere nulla, solo una schiena per pochi secondi). Ci tenevamo molto a fare snorkeling con questo mansueto bestione. Abbiamo letto molto su di loro. Ci siamo preparate tutto l’inverno per questo incontro.
I lamantini possono arrivare a 4 mt di lunghezza e pesare fino a 600 kg. Sono animali docili e tranquilli, anche perché in queste acque non hanno nemici naturali. Durante la stagione invernale qui se ne vedono a decine perché vengono in queste calme acque a riscaldarsi (soprattutto in determinati punti, ben noti alle guide, grazie agli scarichi caldi delle centrali idroelettriche). L’acqua della baia, anche grazie alle sue sorgenti termali naturali, ha una temperatura costante di 22° ed è importante perché al di sotto dei 20° i lamantini tendono ad indebolirsi e a morire.
Durante la stagione estiva, invece, diventano più attivi e si spostano in mare. L’acqua del mare infatti è più calda e gli avvistamenti sono possibili lungo tutta la costa del Golfo fino alle Keys, anche se più difficili data la superficie più estesa. Nonostante ciò, però, alcuni gruppi di lamantini rimangono nelle acque sicure della baia tutto l’anno, soprattutto le mamme gravide e quelle con i cuccioli molto piccoli. E noi contavamo proprio di vedere un baby manatee! Vabbè, pazienza.
Nel frattempo inizia a piovere, una leggera pioggerellina ma sufficiente a scoraggiare qualsiasi altro avvistamento. Allora il capitano ci porta a Three Syster Springs. Si tratta di un piccolo bacino profondo qualche metro da cui sgorgano le tre sorgenti di acqua dolce. Bellissimo! Vediamo vari pesci, granchi e persino una sogliola. Mentre rientriamo al diving facciamo un’altra breve sosta per fotografare le Anhinga con le ali aperte intente ad asciugarsi le penne.
Verso le 9 siamo di nuovo sulla terra ferma e il bilancio dell’escursione è negativo. Non solo perché non abbiamo visto quasi niente, ma per il trattamento che ci hanno riservato: per tutta l’escursione il capitano-guida non ci ha mai rivolto la parola, la Mary sembrava invisibile, nessuno le ha mai neppure chiesto il nome. Se mai mi capiterà di tornare qui di sicuro non farò l’escursione con loro ma con il Plantation Resort (non soggiornando presso questo hotel avevo cercato qualcosa che fosse logisticamente più comodo al nostro motel. Errore!).
Rientriamo in hotel, facciamo una lunga doccia calda e dopo un’abbondante colazione in camera partiamo in direzione Orlando.
Se vuoi coniscere meglio i lamantini leggi il nostro post Gli animali della Florida: la nostra mini-guida per bambini
Il meteo oggi è variabile, tendente alla pioggia battente. Google Maps diceva che in un paio d’ore saremmo arrivati, in realtà ci mettiamo ben di più. Però arriviamo con il sole e questo ci tira su il morale. Ne approfittiamo subito per fare una passeggiata a Disney Springs. E’ la parte commerciale della magia Disney. Non avevo mai visto così tante versioni di pupazzi di topolino! Alla Mary sembra di stare in Paradiso!! Tocca tutto, si prova tutti i cerchietti con le orecchie di Minni, gioca con tutti i gadget che vede nel Disney Store. Si siede su una panchina fatta di mattoncini Lego e si mette in posa per le foto con le Lego-Friends e le statue di Aurora e Cenerentola. Poi assistiamo a uno spettacolo di ballo di bambine veramente brave.
Ci sono anche vari ristoranti a tema ma il più bello in assoluto è il “Rainforest Cafè” con in ogni stanza un’ambientazione diversa: oltre alla foresta c’è il polo nord, gli abissi con un gigantesco acquario, un vulcano che erutta “davvero” e tanto altro. Insomma, se non da mangiare almeno da vedere!
Wyndham Garden Lake Buena Vista – Disney Springs® Resort Area
L’hotel è esattamente dall’altra parte della strada di Disney Springs, facilmente raggiungibile in 5 minuti con il ponte pedonale. Noi abbiamo soggiornato nella parte scrausa dell’hotel, quella dei poveretti, ma le stanze sono comode, con tavolino e frigobar per la colazione, ed un prezzo decisamente accettabile. Consigliatissimo!!
12. Disneyworld
Oggi ci attende la magia del Magic Kingdom Park. Per arrivarci ci mettiamo più di 1 ora: occorre prima prender la navetta che parte davanti all’hotel e ti porta al gate, poi da qui si sale sulla monorotaia che fa il giro dei vari parchi. Scesi alla nostra fermata abbiamo fatto la trafila di sicurezza (il bastone dei selfie è vietato) e finalmente siamo dentro. C’è ancora poca gente e riusciamo a fare qualche bella foto al castello incantato (mappa del parco interattiva).
Avevamo comprato i biglietti a casa e fatto il FastPass. Grazie alla app con l’indicazione dei tempi di attesa di ogni giostra e sfruttando il saltafila, siamo riusciti a fare parecchie attrazioni. La cosa che alla Mary è piaciuta di più è stata “incontrare le principesse vere!”, quella che l’ha spaventata è stata “Pirati dei Caraibi”, mentre quella che ci ha lasciato indifferenti è stata la “Jungle Cruise” e i suoi posticci animali di cartapesta. Una cosa che non sapevo è che tutte le giostre sono molto brevi, fanno 1 o 2 giri al massimo.
Il parco di Magic Kingdom è suddiviso in cinque aree: Main Street U.S.A.; Adventureland; Tomorrowland; Fantasyland e Frontierland. Noi le abbiamo viste tutte e fatto giostre in qua e là a seconda dei tempi di fila. Ogni giostra ha il parcheggio passeggini e se non te lo vuoi portare, puoi noleggiarne uno gratuitamente all’ingresso.
Fa un gran caldo, ma veramente tanto caldo, poi nel pomeriggio il tempo si guasta. Per fortuna, nonostante la pioggia la sfilata dei carri in maschera si è svolta lo stesso, in un momento di tregua, ma abbiamo dovuto aspettare un bel po’ senza la certezza che l’avrebbero fatta. Devo dire però che la parata, da tutti osannata, a noi non ha fatto impazzire…è come andare al carnevale di Viareggio ma a tema Disney. Inoltre mi aspettavo di vedere in giro tanti figuranti in maschera, tipo Paperino ecc…, e invece neanche uno! Forse a causa del meteo incerto. Detto ciò, dato che si è lì…il punto migliore per vedere la sfilata dei carri è al “Frontier Trading Post”. Questo punto permette di avere il sole alle spalle in più è all’ombra. Quando siamo andati noi, la mattina era super sereno poi a pranzo si è guastato ed è piovuto, a tratti anche forte, quindi l’abbiamo vista dalla piazza centrale.
Lo spettacolo dei fuochi d’artificio e del castello illuminato da mille luci colorate è il pezzo forte della giornata. Occorre però prendere il posto in piazza per tempo per vederlo nella posizione ottimale (è il punto più scenografico perché i fuochi rimangono dietro al castello). Noi abbiamo tardato e quando siamo arrivati la piazza era già full, così ci siamo fermati sul ponte. Lo scorcio è diverso perché i fuochi rimangono di lato rispetto al castello e risultano parzialmente coperti dalle piante, ma non avevamo nessuno davanti e ci siamo goduti i giochi di luci, che è la parte più bella e spettacolare. Marianna è stata a bocca aperta tutto il tempo! Alla fine dello spettacolo Trilly ha volato sul pubblico agganciata ad una fune sospesa nel cielo. Dopo una giornata così intensa, appena si è appoggiata al passeggino si è addormentata. Peccato perché noi abbiamo visto anche lo spettacolo successivo “Once Upon a time” che forse è stato quello più bello di tutta la giornata!
Siamo usciti dalla camera prima delle 8 per prendere il primo bus del mattino e siamo rientrati che era oltre mezzanotte…distrutti, ma era una esperienza da fare!
Noi però siamo più per la natura e per questo non abbiamo in programma di visitare gli altri parchi che compongono DisneyWorld: Epcot, Hollywood Studios e Animal Kingdom.
13. Kennedy Space Center
Con la stancata di ieri, stamattina siamo rimasti a letto un po’ di più. C’è il sole. Arriviamo a Cape Canaveral a mezzogiorno e quasi non ci sono turisti. Oggi ci aspetta il Kennedy Space Center… “The sky calls to us” (Carl Sagan).
A casa avevo visto sul sito che il 4 agosto era in programma un lancio. Peccato che le nostre date non coincidessero. Da qui infatti partono i satelliti ed i razzi spaziali senza equipaggio (quelli con gli astronauti a bordo partono da Huston).
Facciamo il giro del Rocket Garden e poi il bus tour che porta a vedere l’hangar dove vengono assemblati i razzi e le rampe di lancio. Durante il giro in autobus, il conducente ci fornisce interessanti spiegazioni, ma non è concesso scendere. Il capolinea, dove invece si scende, è il padiglione Apollo/Saturn V che ripercorre le missioni Apollo. Qui sono esposte varie tute spaziali, il Rover che atterrò su Marte, un frammento di roccia lunare che si può toccare, ma soprattutto il vettore Saturn V, il più grande razzo mai spedito nello spazio. Mangiamo qualcosa al bar mentre fuori si scatena una tempesta tropicale così violenta che sembra un uragano, mamma mia che potenza! Fa paura.
Quando finalmente smette riprendiamo l’autobus che ci riporta al centro e ci fermiamo alla palazzina Atlantis per vedere la storia degli Shuttle. Questi hanno rappresentato un punto di svolta nella storia delle missioni spaziali perché la navicella era in grado di atterrare sulla terra planando e poteva essere riutilizzata nelle missioni successive (con un notevole risparmio per i contribuenti).
L’Atlantis portò in orbita le due sonde planetarie Magellano e Galileo, ha compiuto vari viaggi verso la stazione spaziale russa Mir e verso la Stazione Spaziale Internazionale e ha contribuito alla manutenzione del telescopio Hubble, lanciato in orbita nel 1990 e ancor’oggi operativo.
L’Atlantis è esposto nella sala in modo molto scenografico. Inoltre per i bambini è stata ricostruita la navicella di comando, c’è un tubo in vetro sospeso che si può attraversare simulando la camminata nel vuoto degli astronauti ed anche uno scivolo che riproduce gli stessi g dell’atterraggio dello shuttle. La Mary si è divertita da morire, molto più qui che a Disneyworld. Bellissimo!
Questo parco ci è piaciuto tantissimo, non solo a noi adulti ma anche alla Mary: qui tutto è studiato in modo da stimolare la curiosità e catturare l’attenzione dei bambini perché saranno loro gli ingegneri, scienziati e astronauti del domani!
Siamo gli ultimi ad uscire e nonostante questo non siamo riusciti a vederlo completamente. Ma soprattutto usciamo con la sensazione di non essercelo “gustato” come si deve!
Visto l’orario tardo decidiamo di evitare la sosta a Cocoa Beach (anche se il mega negozio per surfisti Ron Jon è un’istituzione, il più grande al mondo e aperto h24) e di andare direttamente a Palm Beach in cerca di un hotel. Questa notte non abbiamo l’alloggio prenotato perché non sapevamo esattamente fin dove saremmo arrivati per avvicinarci a Miami in vista del rientro. Tra le varie ipotesi c’era quella di fermarci a Fort Lauderdale, la Venezia della Florida, o a Hollywood Beach in stile hippie. Decidiamo invece di fermarci a Palm Beach un po’ per l’orario un po’ per la stanchezza. Troviamo un bel Best Western e andiamo a nanna.
Best Western Palm Beach Lakes Inn
Motel veramente bello. Le stanze sono quelle tipiche della catena BW, comode e pulite. Il pezzo forte è il giardino fiorito ben curato, con i tavolini in ferro battuto, la dama gigante, una piscina gigante con ciambelle per tutti. Ottima anche la colazione. Consigliato!
14. Palm Beach
Poiché è considerata la spiaggia più bella della costa est (non è attrezzata) oggi trascorreremo la mattinata qui. E’ inquietante: non c’è nessuno sulla spiaggia, e nemmeno in giro…solo giardinieri e manovali messicani. Troviamo un angolino di spiaggia un po’ (poco) riparato dal vento e ci rilassiamo al sole… dopo un viaggio così intenso è piacevole fermarsi un attimo. La spiaggia è bella e con poche alghe ma il mare digrada abbastanza rapidamente e soprattutto crea delle onde di risacca importanti. Marianna ha fatto il bagno ma sempre con papà.
Ritorniamo in hotel per un tuffo in piscina. Nei 30 secondi in cui mi faccio la doccia prima di tuffarmi vengo letteralmente assalita dai Mosquitos, roba da grattarmi anche mentre sono dentro l’acqua, un disastro.
L’hotel è proprio di fronte all’outlet così andiamo lì a cena (“BJ’s Restaurant & Brewhouse” molto buono) e poi ci facciamo un giro per negozi. Zero acquisti, il prurito mi fa impazzire! Dopo essermi scuoiata decido di andare in farmacia a comprare una pomata calmante. La commessa del supermercato quando le dico che ho bisogno di una crema per le gambe mi dà una crema depilatoria. Eh????? Poi gliele mostro, capisce (un po’) e mi porta una crema al mentolo. Si è vero questa aiuta ma non risolve. Al terzo tentativo ci intendiamo e mi porta una crema col cortisone che però non funziona come speravo.
E’ giunto anche il momento che segna la fine di ogni viaggio…quello di sistemare le valige per il rientro a casa. Tutte le cose belle prima o poi finiscono.
Mi ero appuntata due cose da tenere come jolly in caso di pioggia, ma che poi non abbiamo fatto:
– la visita alla casa di Barbie a Sunrise (purtroppo il sito non funziona e, non sapendo se era ancora aperta, lasciamo perdere)
– Sawgrass Mill Mall (pare che sia la seconda attrazione della Florida per numero di visitatori, dopo i parchi Disney) ma noi non siamo tipi da centri commerciali.
15. Miami
Facciamo una colazione faraonica nel giardino dell’hotel e ci dirigiamo con calma verso Miami. Arriviamo ad ora di pranzo al Bayside Marketplace, zona davanti al porto e piena di localini dove facciamo qualche acquisto di souvenir e mangiamo da “Hooters”. Il ristorante prepara fondamentalmente roba fritta tutt’altro che buona e salutare, infatti ci si va non per il cibo ma per le cameriere che hanno rigorosamente tutte “pettorali” di taglia 4°!!! Anche questo è America!
Avevo progettato, in caso di pioggia o se avessimo dovuto ingannare il tempo, di andare al Children Museum perché tutti ne parlano molto bene. Ma il tempo come sempre ci vola e andiamo diretti in aeroporto, consegniamo l’auto e via… BYE BYE FLORIDA!
Se stai partendo leggi i nostri suggerimenti su cosa mettere in valigia e su come preparare i nostri bimbi nel post Prepararsi ad un viaggio in Florida con bambini